Il 24 ottobre 1917 il Regio Esercito subisce, come è noto, una grave disfatta che costringe le truppe ad indietreggiare per oltre 120 km, arrestandosi sulle sponde del Piave, dove finalmente riesce ad organizzare una solida resistenza. Sulle terre perdute vengono abbandonati numerosi campi di aviazione, velivoli e materiali e i reparti che riescono a portarsi oltre il sacro fiume affollano tutti i campi di aviazione rimasti. Si deve provvedere immediatamente alla riorganizzazione, allestendo quanto prima nuove aviosuperfici, hangar, baracche, ricoveri e quanto necessario per ridistribuire i reparti rimasti e i nuovi in formazione secondo le mutate esigenze operative. Si deve altresì tener conto che esiste il concreto rischio di una nuova rotta e quindi provvedere alle future necessità pensando ad un nuovo fronte sulle rive dell’Adige o del Mincio. Dando prova di elevato pragmatismo e di notevole efficienza, il Genio militare allestisce in tutta fretta una nuova serie di campi di aviazione nel Veneto e in Lombardia, compreso il veronese che già ospita i campi cittadini di Tombetta e Piazza d’Armi, l’aerodromo per dirigibili di Boscomantico e altri campi di emergenza come Belfiore, Peschiera, Sona, e Villafranca di Verona. Tra i nuovi campi viene allestito anche quello di Ca degli Oppi, insieme a Ganfardine (Villafranca di Verona), Calcinaro presso Nogara, e Sabbion di Cologna Veneta. Dell’esistenza di una aviosuperfice presso il borgo del Basso Veronese rimangono oggi solo debolissime tracce. Il primo documento che ci informa della presenza dell’aviosuperficie è un elenco dei campi di aviazione disponibili con l’indicazione del numero convenzionale loro assegnato, del 7 marzo 1918. I campi di aviazione esistenti sono 43 e Ca degli Oppi, contrassegnato con il numero 13, è dichiarato vuoto, cioè privo di reparti aerei. Una successiva lettera del Comando Supremo del Regio Esercito che ha per oggetto la dislocazione dei mezzi aerei a disposizione del Comando Supremo e della 1^ Armata, datata 8 aprile 1918, dispone il trasferimento della 4^ e della 6^ Squadriglia bombardieri Caproni da Verona Piazza d’Armi a Ca degli Oppi, insieme al Comando dell’XI Gruppo Aeroplani, costituito appunto dalle due Squadriglie di trimotori. Se dal punto di vista operativo l’impiego dei reparti aerei del territorio era competenza del Comando di Aeronautica della 1^ Armata, la costruzione e la manutenzione del campo di volo era appannaggio del Genio Civile della 6^ Armata. I lavori furono materialmente eseguiti dall’Ufficio Edilizia del Commissariato Generale per l’Aeronautica, attraverso la Sezione di Verona. Il campo era stato allestito durante l’inverno sui terreni di proprietà del latifondista Ambrogio Giuseppe Ambrosi, Commendatore e Cavaliere, disposti lunga la via che collega Ca degli Oppi a Villafontana. Il fondo era sistemato a parecchi orizzonti necessari alla irrigazione delle diverse culture, con dislivelli varianti tra loro da 20 a 35 centimetri e degradanti dal lato nord a quello sud. Per evitare di portare in superfice dei terreni di natura inconsistente e poco adatti al rullaggio dei velivoli, non furono eseguiti grandi sterri ed estesi riporti di livellamento, ma solo ampi raccordi per collegare i dislivelli esistenti in modo che il passaggio dall’uno all’altro si potesse effettuare con pendenze limitatissime e poco sensibili. All’atto della sistemazione il campo si presentava coltivato a frumento nel lato occidentale, in strisce arate nella parte centrale, mentre ad est a ridosso dell’abitato, era coltivato a trifoglio e segale da foraggio. Complessivamente la spianata, di oltre 130.000 metri quadrati, presentava serie di piccoli corrugamenti dovuti ai canaletti di irrigazione e diversi solchi di scolo che furono livellati con erpicatura, badilatura e ripetuti rullaggi. Fu poi eseguita una semina per cercare di costituire una cotica erbosa, e all’inizio, la superficie si presentava uniforme e regolare. In seguito però con l’assestamento definitivo, comparvero nuovamente piccole depressioni, increspamenti e buche, soprattutto sul lato occidentale. Il problema principale del campo destinato a non essere risolto e a pregiudicarne il buon funzionamento, fu la scarsa consistenza della cotica erbosa, che non ebbe il tempo di consolidarsi adeguadamente prima dell’arrivo dei reparti. Del campo di aviazione non disponiamo di immagini ad esso esplicitamente attribuibili, ma solo di uno schizzo planimetrico conservato presso l’Ufficio Storico dell’Aeronautica Militare di Roma. Il disegno è tuttavia sufficiente per comprendere la collocazione e l’organizzazione generale dell’istallazione. Come si evince dal disegno il sedime risulta disposto lungo la via San Francesco che collega Ca degli Oppi con Villafontana immediatamente a occidente del borgo e allungato in senso est-ovest. La conformazione generale è definita dalla presenza limitante e caratteristica della Fossa del Vescovo, che chiude il campo a occidente e sul lato meridionale con una linea sinuosa. Sullo schizzo sono riportate in pianta 18 strutture di cui 11 disposte sul perimetro esterno e 4, indicate con numerazione romana, rappresentanti hangar smontabili tipo Bessenau (traliccio metallico e copertura in tela) capaci di contenere ciascuno due velivoli Caproni da bombardamento. Gli hangar sono disposti a coppie sui lati corti del campo, ed ogni coppia riservata ad una squadriglia. In particolare gli hangar occidentali erano a disposizione della 4^ Squadriglia, quelli orientali per la 6^. Due strutture (a occidente e a oriente) sono identificate come baracche dell’Ufficiale di Servizio, uno per squadriglia. Quella disposta sul lato orientale, tra due varchi, presumibilmente doveva essere accanto all’ingresso principale, prospicente e vicino alle case del borgo. Sono indicati altri due varchi, uno piuttosto largo disposto sulla via principale, a nord del campo (Via San Francesco), che potrebbe essere stato l’ingresso carrabile, ed un altro, sempre sulla stessa via ma ad occidente, probabilmente funzionale alle esigenze della 4^ Squadriglia. Le altre strutture sono indicate come alloggi ufficiali, sedi delle squadriglie e magazzini. Tra questi ci sono tre edifici civili in muratura presistenti e quello indicato con il numero 2 è ancora esistente nell’attuale proprietà Sandrini. Non esisteva recinzione cui si cercherà di provvedere nel luglio successivo nel quadro di un programma di lavori di completamento, che contemplano anche l’arrivo di un nuovo hangar Bessanau, di una baracca per le munizioni e di un terrapieno per le esercitazioni a fuoco delle armi di bordo. Della realizzazione di quest’ultimo, oltre che dai documenti, è rimasta anche una testimonianza orale. Sappiamo che il campo di aviazione, almeno fino al mese di maggio, era anche sprovvisto di energia elettrica, quindi per l’illuminazione di servizio fu dotato di stazioni fotoelettriche montate su camion. Le fotoelettriche erano necessarie per illuminare la “pista” di notte durante i decolli e gli atterraggi e per segnalare la base ai velivoli di ritorno (fascio verticale). Ogni stazione era composta da due fari, ed erano ricoverate in una cascina denominata “Pasta”, molto più probabilmente di proprietà della famiglia Pasti. In tutto erano tre, due destinate al servizio di rotta (di notte segnalavano la posizione del campo con un fascio di luce verticale, e una terza che serviva ad illuminare la striscia per i decolli e gli atterraggi e che veniva spostata dal lato ovest al lato est a secondo delle esigenze. I velivoli infatti decollavano secondo la direzione del vento e gli equipaggi avevano fatto notare che a Ca degli oppi era preferibile decollare sempre controvento. I velivoli erano ricoverati entro gli hangar aperti sul lato lungo. I grossi bombardieri (22 metri di apertura alare) erano sospinti dal personale di manovra, dentro e fuori dagli hangar, facendo scorrere le ruote del carrello su un apposito binario. Comunque sia la striscia effettivamente utilizzabile era molto ristretta e le asperità del terreno non consentivano il decollo in sicurezza dei Caproni a pieno carico, con conseguente limitazione delle capacità belliche. Complessivamente il campo ha una forma di quadrangolo irregolare con una lunghezza complessiva di oltre 700 metri. La situazione ambientale non era delle migliori. Nella primavera del 1918 piovve abbondantemente e dopo ogni acquazzone il campo si trasformava in un acquitrino permanente. Dal punto di vista sanitario, già il 22 maggio il comando dell’XI Gruppo segnala una situazione di disagio, di nuovo stigmatizzata in un documento del 2 giugno in cui si precisa che ben 11 militari erano ricoverati presso l’ospedale di tappa di Bovolone per febbri “malariche”. Altri due, con febbre alta, a causa di punture di zanzare vi sarebbero stati trasferiti lo stesso giorno. In generale il personale disponibile è molto ridotto e limitato a quello necessario per le operazioni sui velivoli, tanto che non è possibile nemmeno organizzare una sorveglianza armata. Il servizio di piantone viene effettuato con il personale, già esiguo, delle squadriglie. Si richiedono con insistenza urgenti provvedimenti se non il trasferimento del reparto. Gli aviatori non vogliono stare a Ca degli Oppi e vorrebbero tornare a Verona, luogo con tutt’altre prospettive di vita, non solo dal punto di vista operativo. Non conosciamo i motivi che guidarono il Genio militare alla scelta di questo luogo per la costruzione del campo. Alcune ipotesi possono essere formulate per l’area in generale. Tutti i campi realizzati dopo Caporetto nel veronese sono ubicati nella pianura su una fascia orizzontale disposta circa 20 km a sud dei primi rilievi collinari (Calcinaro, Sabbion); fa eccezione Ganfardine (Villafranca di Verona) che rappresenta la soluzione per decongestionare i campi cittadini sempre più impegnati nelle operazioni logistiche. Infatti il campo di aviazione di Verona (Piazza d’Armi) doveva ospitare i reparti francesi e inglesi in transito e funzionare come luogo di assemblaggio dei velivoli alleati arrivati per ferrovia, e quindi era necessario trovare una diversa collocazione per i reparti italiani lì dislocati. A questi, per completare il quadro occorre aggiungere quelli realizzati nel mantovano (Roverbella, Goito, Marmirolo, Medole, ecc- .). Se gli austroungarici avessero oltrepassato il Piave dilagando nelle pianure vicentine e patavine, il nuovo fronte si sarebbe predisposto sull’Adige o sul Mincio e, naturalmente sul Po. Si può dunque osservare che la disposizione di nuovi campi di aviazione è piuttosto centrale rispetto all’ipotetico nuovo fronte. La dissoluzione di questa minaccia, nel giugno del 1918, porterà ad un rapido abbandono delle istallazioni per proiettare i reparti nuovamente verso est. Dell’esistenza del campo di aviazione rimangono esili testimonianze orali raccolte a suo tempo che ci permettono di avere qualche piccola immagine sul rapporto tra la popolazione e i militari, ma sostanzialmente è una memoria ormai scomparsa. Citato nel 1934 nel libro del capitano Luigi Contini sull’aviazione della Grande Guerra, e l’anno successivo, dalla storia dell’arma aerea del generale Felice Porro, è stato accolto con scetticismo dagli studiosi locali, che non avendo precisi riscontri e testimonianze materiali, lo hanno spesso identificato con il vicinissimo campo di aviazione di Bovolone, realizzato però, nel 1930. Ma nel 2009 nel corso di una ricerca su quest’ultimo, presso l’Ufficio Storico dell’Aeronautica Militare, dell’Esercito Italiano e dell’Arma del Genio, furono reperiti numerosi documenti che hanno permesso di identificare con precisione il sito, di conoscerne la breve parabola storica e la natura degli eventi che lo hanno caratterizzato. Il 14 maggio 1918 iniziarono le operazioni di trasferimento dell’XI Gruppo Aeroplani e della dipendente 4^ Squadriglia Caproni da Verona Piazza d’Armi a Cà degli Oppi. Le operazioni si concludono il 15 con l’arrivo del comandante tenente pilota Pirola, del tenente pilota Rodolfo Calogero, del sottotenente Santi Mazzola e dei sergenti Ponti, Brusadin, Brambilla, Tanzarella, D’Ortona e Longoni. Con loro il capo motorista Luigi Bressan. Secondo i documenti ufficiali la squadriglia rimase a Ca degli Oppi fino a 31 ottobre 1918, ma di fatto vi restò poco più di un mese. La squadriglia aveva in dotazione 3 apparecchi Caproni Ca.450 (biplani trimotori), matricole 4071, 4215, e 11507. Nel pomeriggio del 20 maggio anche la 6^ Squadriglia arrivò dal campo di Verona con 4 apparecchi e due equipaggi. Le pioggie insistenti riducono a mal partito il campo che diviene impraticabile. La sera del 15 giugno il Caproni 11507 della 4^ Squadriglia, mentre veniva condotto dal proprio ricovero alla linea di partenza verso gli hangar della 6^, sprofonda con le ruote nel terreno, con un principio di capottamento. Cede la bequille anteriore e la carlinga si appoggia direttamente sul terreno. Nel pomeriggio un incidente analogo era accaduto all’apparecchio del tenente Pirola in procinto di partire per una missione di bombardamento. Diviene chiaro a tutti che è impossibile partire o atterrare sulla striscia di terreno nonostante non piovesse ormai da tre giorni. Il 16 giugno il Ten. Col. Armani comandante dell’XI Gruppo, decide di far trasportare i velivoli nuovamente a Verona scrivendo la parola fine alla breve e infausta parentesi operativa del campo del basso veronese, durata precisamente un mese. Formalmente il campo di aviazione continua ad essere sede dell’XI Gruppo e delle due squadriglie di volo, la 4^ e la 6^, ma di fatto le operazioni continueranno sul campo di Verona per tutta l’estate. Il Comando Supremo di Aeronautica, era comunque del parere che, non appena ripristinata la situazione, Ca degli Oppi avrebbe dovuto essere riarmato. Il 6 luglio 1918 il Comando Superiore di Aeronautica trasmette al Commissariato Generale per l’Aeronautica di Roma una relazione con l’indicazione dei lavori necessari e urgenti per la definitiva sistemazione della parte ovest del campo, in quanto necessario per le necessità delle squadriglie Caproni. Nella stessa relazione si richiede la messa in opera della recinzione e la costruzione del parapetto per le esercitazioni a fuoco, che come già sappiamo, fu prontamente realizzato. Che il campo fosse stato effettivamente abbandonato, tranne probabilmente un servizio di custodia, lo si può evincere anche da una lettera del Generale Bongiovanni, capo del Comando Superiore d’Aeronautica del Comando Supremo, del 24 giugno nella quale si richiede di assicurare la èresenza di un ufficiale dell’XI Gruppo per fornire le necessarie indicazioni al responsabile di una squadra incaricata di montare un quinto hangar Bessonau destinato al ricovero del velivolo del comandante di Gruppo. Nei progetti futuri, il campo avrebbe dovuto anche ospitare una terza squadriglia, la 14^ Caproni, reduce dalla Francia.
Disegno del campo di Ca degli Oppi (Ufficio Storico Aeronautica Militare)