Il P5, al comando del capitano Merzari, operò intensamente per una serie di prove relative all’armamento di bordo e trasmissioni radio. In vista di operazioni belliche in montagna e in presenza di forte reazione avversaria, si optò intanto per aeronavi da bombardamento in grado di raggiungere quote più elevate e coprire maggiori distanze. Allo scoppio della guerra, trasferito sulla base veneziana di Campalto, Il P5 ebbe assegnata come obiettivo la centrale elettrica di Porto Rosega, presso Trieste. Ma, ostacolato dal vento ed incappato nel “fuoco amico” (un fitto fuoco di fucileria di reparti italiani) dovette rinunciare all’impresa, la notte sul 27 maggio, e rientrare al cantiere. Del resto, già nel volo di trasferimento da Boscomantico, era stato bersagliato dalla nostra fanteria a Montebello Vicentino. Un episodio analogo accadde anche la notte successiva, con due cannonate, che andarono fortunatamente a vuoto, delle nostre fortificazioni della testa di ponte di Latisana, sul Tagliamento. Ma questa volta l’obiettivo venne raggiunto e il P5, fatto rifornimento a Campalto, rientrò a Boscomantico. Condizioni di vento avverso lo tennero in hangar, fino alla notte sul 10 giugno, e però ancora una volta venne colpito prima di attraversare l’Isonzo, dovendo rientrare al cantiere. Era evidente la necessità di ovviare a simili infortuni e si addivenne all’adozione di segnali di riconoscimento: tre fanali con i colori nazionali più un fanale rosso sotto la navicella. Poterono così proseguire le azioni di bombardamento del P5 e del gemello P4 basato a Campalto, in luglio ed il 17 settembre. Pur ostacolato spesso dal vento, il P5 operò ancora sul fronte giulio, rientrando l’11 novembre a Boscomantico per interventi di manutenzione. Il 1915 si chiuse con delusione, per le perdite subite dal parco dirigibili della Marina, praticamente azzerato, e le difficoltà operative in genere. A proposito del P5, ricordiamo che alle prove di collaudo aveva partecipato il maresciallo motorista Ettore Arduino. Questi i dati tecnici del dirigibile: lunghezza 60 metri, diametro 12, due motori da 80 CV. Per la sua attività (515 ascensioni per 889 ore e mezza, in totale) vennero concesse due medaglie d’argento ai comandanti, fra i quali Angelo Berardi. Ultima notazione: alla consegna della bandiera di combattimento , donata dalle signore veronesi, presenziarono i ministri della Guerra e della Marina. Per consentire le operazioni delle aeronavi più grandi, da alta quota, Boscomantico venne dotato di un hangar metallico lungo 90 metri, largo 21,80 e alto 24 metri, con una fossa centrale per la navicella. Dal 17 marzo 1916 divenne la base dell’M3, comandato dal capitano Tullio Benigni; con lui era anche il capitano Attilio Calderara. Drammatica fu la prima missione bellica, nella zona del Tonale: raggiunto da un proiettile sparato da una batteria in alta quota, nel percorso di ritorno fu preso di mira a Brescia dalla nostra contraerea e poi attaccato anche da due idrovolanti italiani, che lo costrinsero ad atterrare a Borgosatollo. Ripartito zoppicante, venne ancora attaccato da un nostro Farman, che lo aveva scambiato per un’aeronave nemica. Riparati i danni, l’M3 operò sulla Val Lagarina, cominciando con il bombardamento delle fortificazioni di Monte Brione a Riva, ma anche sul Tagliamento, con i capitani Benigni e Angelo Berardi: il capitano Attilio Calderara nell’equipaggio. Compì in tutto 38 ascensioni, per quasi 53 ore. Veri protagonisti della guerra furono però l’M11 ed il capitano Angelo Berardi, che già nella notte sul 2 maggio 1916 aveva compiuto una missione sul fronte giulio con l’M1, mentre il gemello M3 colpiva duramente la stazione ferroviaria di Trento da Boscomantico. L’M11 (lungo 82 metri, 18 di diametro, alto 28; due motori da 180 CV, velocità massima 68 km/h, 50 ore di autonomia, capacità di carico 1.200 chili) arrivò a Boscomantico il 28 giugno 1917, comandato dal capitano Tullio Benigni, secondo pilota Berardi. Dopo sette sortite di addestramento, passò il 26 luglio al comando di Berardi, con il quale avrebbe compiuto tutta la sua attività bellica. La prima azione fu dal campo-trampolino di Spilimbergo la notte sul 20 agosto, mentre infuriava l’undicesima battaglia sull’Isonzo. Seconda azione il 23 agosto, con rientro a Boscomantico il 27. Le operazioni si svolgevano nelle notti di novilunio, alla quota anche di cinquemila metri e sempre sopra i quattromila. In una esercitazione a Verona raggiunse i seimila metri il 15 novembre, migliorando il primato d’altezza l’8 dicembre. Cantieri-trampolino erano Campalto, Spilimbergo, Casarsa, per il fronte del Carso. Da Boscomantico il comandante Berardi, maestro nella scelta di nuove vie di penetrazione per sventare la reazione contraerea, passando dal Baldo e il lago di Garda alle valli bresciane, teneva sotto pressione gli apprestamenti austriaci, soprattutto ferroviari, della Valsugana, Val Lagarina (obiettivo primario era Mattarello), Caldaro, Mezzolombardo, Lavis, Bolzano, Tione, Stenico. Nella fase finale della guerra i bombardamenti vennero via via sostituiti anche del tutto dalle azioni di guerra psicologica, con lanci di tonnellate di giornali e manifestini. Nel 1917 l’M11 di Berardi compì 55 ascensioni, per 125 ore e mezza; nel 1918 le ascensioni furono 98, per un totale di 274 ore e mezza. Dopo la vittoria, Berardi compì un’ascensione durata sette ore da Boscomantico, poi andò incontro al suo destino beffardo: esattamente un mese dopo Vittorio Veneto avrebbe trovato la morte scomparendo in mare con un dirigibile da osservazione (05) entrato in collisione con un gemello. Non ci furono superstiti. In onore di Angelo Berardi l’M11 venne battezzato con il suo nome, il 15 febbraio 1919. A Boscomantico fece 16 ascensioni, soprattutto per turismo, nel 1919 per un totale di 16 ore e mezza; altre 66 ascensioni, per 122 ore e mezza, negli anni 1920-21. Dal campo di Boscomantico, che venne intitolato al nome del grande pilota, pluridecorato al valore, l’M11 lasciò definitivamente gli ormeggi il 13 maggio 1921 per Ciampino, dove fece altre quattro ascensioni: nell’ultima portò in volo la regina Margherita, con il suo seguito. Allo sgonfiamento, il 27 giugno 1923, assistette il principe di Piemonte, Umberto. La bella nave aveva compiuto in totale 383 ascensioni, per più di 779 ore complessive. Ad Angelo Berardi sono intitolati l’aeroporto e la strada che dal Chievo conduce al campo di volo. Da “Pro Verona”, IV (1913, n.6): Benché faccia mestieri parlare di tutte cose campate in... aria, tuttavia per dire cosa sia il mostruoso nido in cui riposa il nostro dirigibile militare “P. 5” a Boscomantico, bisogna parlare di cose miseramente terrene e terribilmente solide. L’abitazione di questo tremendo zerbinotto dell’aria è un immenso castello d’acciaio, piantato tenacemente sopra uno spiazzo solatio alle spalle di una collina che finisce bruscamente e che sembra né suoi ripieghi e nelle sue angolosità la classica figura del gladiatore morente. Il “P. 5”, anche senza giri retorici, è un autentico sigaro di caucciù e di seta fabbricato da una Regia di titani, un sigaro che – caso strano – ha un terrore inesprimibile per i suoi omonimi di tabacco quando sono accesi, e che arriccia il...naso al loro più lieve e più vago odore. Sotto il suo vasto addome, tra un lucente groviglio di fili argentei pencola la svelta navicella foggiata a palischermo su cui gravano due robusti motori di 70 “HP”. Questa è la regione... cardiaca soggetta, come quella degli umani, a debolezze. Per chi lo ignorasse, diremo che il “P. 5” come tutti i suoi confratelli di questo mondo tiene una fornitissima cantina di... bottiglie, non importa se non sono bottiglie di buon recchiotto con tanto di etichetta fregiata, ma in compenso sono tutte a sua esclusiva disposizione e nessuno gliele tocca: vogliamo alludere ai numerosi tubi ripieni di idrogeno che il dirigibile beve a grossi sorsi saturandosi sino all’ebbrezza. Sicuro. Esso è un bevitore formidabile. Assorbe, con una voracità unica il gas, e la sua avidità non disgiunta ad una saggia previdenza, lo spinge a riempire di idrogeno uno speciale polmoncino di riserva – il “ballonet” – il quale fa l’ufficio del serbatoio a vescica nel ventre del cammello. Il 25 maggio u.s. un’accolta di Dame Veronesi interpretando il pensiero delle donne di Verona, alla presenza delle autorità civili e militari tra cui era il ferreo Cagni I: Eroe di due deserti, dei più vasti geli e delle più vaste sabbie... affidava il bel vessillo della Patria alla poppa della nostra aeronave. E in quel brivido di colori che ora freme nella vacuità di questo palazzo d’acciaio e che ha portato e che porterà l’inno della conquista, come una sfida, alle sconfinate solitudini azzurre, in quello noi salutiamo la sua grand’Anima nuova, il suo raggio spirituale, che lo trasumana e che lo rende degno del suo regno di superiorità, di perfettibilità e di divinità. Ave, fratello di spirito nostro!
Il dirigibile M11 a Boscomantico