Il 29 luglio 1913 un aeroplano, con a bordo il tenente Bailo, istruttore di volo della scuola di pilotaggio di Aviano, traversò il cielo del quartiere Tomba diretto al campo friulano, ove giunse
alle 17.45. Pochissimi notarono questo velivolo proveniente da Torino, mentre moltissimi furono quelli, che attratti dal fragore metallico dei motori, volsero lo sguardo verso il cielo per
osservare il passaggio del dirigibile P5, proveniente da Mantova e diretto verso lo scalo di Boscomantico. Domenica 7 settembre il Regio Esercito iniziò le grandi manovre dell’Arma di Cavalleria,
che si sarebbero svolte nell’aerea compresa tra i fiumi Mincio e Ticino sotto la direzione del Conte di Torino. All’importante esercitazione, come già avvenuto bei due anni precedenti,
avrebbero preso parte anche reparti aerei allora dipendenti dall’Arma del Genio. Naturalmente vi avrebbe preso parte il dirigibile cittadino, il P5, ma anche delle squadriglie di aeroplani. La squadriglia Bleriot
di Mirafiori avrebbe raggiunto Vizzola Ticino, la squadriglia Nieuport di Busto Arsizio a Cremona, la squadriglia di S. Francesco al campo a Busto Arsizio, e la squadriglia Farman di Pordenone avrebbe avuto sede a
Verona. Cinque biplani al comando del Capitano La Polla raggiunsero nella giornata di sabato il campo frettolosamente allestito a Piazza d’Armi (Stazione di Porta Nuova). I lavori per l’erezione degli hangar
iniziarono il giorno 4 settembre sotto la direzione del sergente Pasta del 3° Battaglione Genio. Sabato mattina, gli aviatori della squadriglia assegnata al partito rosso giunsero al campo di Piazza d’Armi dove
li aspettavano cinque hangar bianchi e lucidi disposti verso Santa Lucia e una numerosa folla accorsa per l’occasione. L’arrivo era previsto per le ore 8.30, ma il primo velivolo si presentò sul cielo scaligero
alle 9.50. Ad alleviare l’attesa dei veronesi ci pensò l’aeronave P5 che si presentò sul campo alle 7.45. Dopo alcune evoluzioni fece ritorno a Boscomantico. Il primo velivolo atterrato fu quello del comandante
Magg. La Polla con a bordo il motorista Moretti; per compiere i circa 150 km da Aviano a Verona aveva impiegato 2 ore e 5 minuti ad una quota di circa 1400 metri. Il secondo velivolo atterrò alle 10 con il tenente
Scarpis e il motorista Rubini. A seguire gli altri tre velivoli con gli equipaggi formati dal sergente maggiore Perucca Domenico con il motorista Roiatti Eliseo, il tenente Pellegrino con il motorista Facelli e il
maresciallo Bonutti Roberto con il motorista Perego Giovanni. I compiti assegnati alla squadriglia erano di effettuare voli di ricognizione ogni mattina e portare ordini. Per distinguerli da quelli del partito
azzurro, gli aeroplani del partito rosso avevano due grossi cerchi sotto le ali, uno nero e uno bianco. Già nel pomeriggio due dei cinque velivoli effettuarono dei voli sulla città seguiti da sguardi pieni di
curiosità e fascino. La notizia dell’arrivo della squadriglia generò immediatamente delle grandi aspettative in città. Pochi giorni prima il maggiore Dohuet tracciando, durante una conferenza, un quadro riassuntivo
dei progetti legati all’impiego militare dell’aeroplano, aveva annunziato che Verona sarebbe stata uno delle tappe del tracciato aereo, da costruire da lì a pochi mesi, da Torino a Pordenone. Si trattava di
costruire delle basi appoggio, lungo questa rotta, distanti tra loro circa 150 km, per fornire ai velivoli assistenza in transito. Il campo di Verona, fu inoltre visitato, durante la settimana delle manovre,
dal Conte di Torino, una delle grandi personalità della nascente aviazione e proprietario della scuola di pilotaggio torinese. Già si diffuse infatti la notizia che Verona, se la visita conoscitiva avrebbe dato
risultati positivi, poteva divenire sede di una scuola di volo. Le attività del reparto iniziarono domenica 7 con la partenza, di buon mattino, dei velivoli pilotati dai tenenti Bailo e Scarpis. Poi fu la volta
del tenente Ferrari che partì da solo e del capitano La Polla e del tenente Pellegrini con a bordo gli osservatori tenente Minellone e Gregorini. Pellegrini si spinse fino a Villafranca di Verona, mentre gli altri
due compirono evoluzioni sulla città. Due velivoli partirono il giorno 8 senza fare ritorno a Verona, mentre gli altri rimasero sul campo effettuando brevi voli. Giovedì altri due biplani partirono alla volta
di Brescia. Ultimo a partire, il comandante di squadriglia, capitano La Polla, venerdì 12 settembre. Il campo di Piazza d’Armi rimase dunque vuoto in attesa di un’altra squadriglia, si disse dovesse provenire
da Ferrara, oppure del ritorno della “nostra squadriglia” come ormai veniva definito il reparto Farman dai giornali cittadini. Proveniente da Torino, atterrò invece, lunedì 22 settembre, il sergente Pettazzi
con a bordo l’ingegner Ottorino Pomilio. I due stavano compiendo un raid da Torino ad Aviano e ritorno. Invano fu atteso il passaggio di ritorno perché il velivolo si incidentò nei pressi di Conegliano.
La “Squadriglia"fece ritorno al completo il giorno successivo, con il capitano La Polla, il tenente Curtis, il maresciallo Bonutti e il sergente Perucca. Si trattò di una breve sosta prima di riprendere
il volo verso il Friuli. Del campo di aviazione veronese si tornò a parlare verso la metà di novembre, quando il quotidiano l’Adige rivelò la notizia che il Ministero della Guerra aveva deciso di costruire un
campo di aviazione permanente in città. Il nuovo campo sarebbe sorto a Tombetta, nei pressi del Poligono e sarebbe stato costituito da 5 hangar, con tettoie e costruzioni per un totale di 1700 metri quadrati.
Il nuovo campo di aviazione avrebbe dovuto sorgere fuori Porta San Zeno, ma non fu possibile raggiungere un accordo con i proprietari del terreno. La spesa prevista per il nuovo impianto era di 500.000 tutte
a carico dell’autorità militare, mentre il Consiglio Comunale di Verona decise di contribuire annualmente con una somma di 2000 per 10 anni.
La “Squadriglia” arrivò di nuovo a Verona nei primi giorni di luglio. Era
l’anno 1914, e quattro piloti al comando del Capitano De Masellis presero possesso del campo di Tombetta dove posarono le ali dei loro biplani Farman Renault da 70 cavalli. Ne avevano due e con questi
apparecchi iniziarono a prendere confidenza con il terreno, a misurarne le distanze e a conoscere i dintorni. Ferdinando De Masellis aveva con se il tenente Carlo Tappi, il tenente Bonazzi, il sergente
maggiore Alessandro Buzio e il maresciallo Perrucco. Il tempo per volare, non era molto, era necessario mettere a posto il campo, ricevere e sistemare il materiale della squadriglia, che a poco a
poco iniziò ad arrivare, anche da Tripoli. Le prime prove di volo furono effettuate il 22 luglio e non fu proprio semplice tanto che uno dei Farman fu costretto ad atterrare fuori campo a Boscomantico.
Il campo di volo di Tombetta era infatti non proprio facile, stretto com’era tra il Forte di Porta Nuova a nord, il borgo ad est e l’ippodromo cittadino a sud. Il 26 agosto arrivò da Vizzola Ticino un terzo velivolo,
che era il riparazione, il 48, e una settimana più tardi, ai primi di settembre, arrivò il sergente maggiore Pasquarelli a rinfoltire i ranghi, ulteriormente ridotti con la partenza di Buzio e di Tappi. Nella seconda
decade di ottobre, la 12^ Squadriglia Ricognizione e Combattimento fu pronta ad iniziare l’addestramento, cominciando con il lancio di messaggi per comunicare con le truppe sul terreno. I velivoli infatti non avevano
ancora radio a bordo, e quanto osservato dall’alto, doveva, a volte essere comunicato quanto prima e così si ricorreva ala lancio di astucci zavorrati contenenti il messaggio. All’inizio ci si limitò a volare sopra
i forti della prima cintura scaligera, a circa quattro chilometri dal campo, come quello di Dossobuono, poi ci si allargò per conoscere i forti della seconda cintura ad occidente della città tra i cinque e i sette
chilometri di distanza. Il 7 novembre il capitano De Masellis compie un raid fino a Padova, passando per Este con ritorno a Verona. Il 26 novembre è la volta del sergente Bosco che compie il raid Verona-Malpensa-Busto
Arsizio. Le nebbie che iniziano ad essere presenti offrono l’opportunità di esercitarsi al volo con scarsa visibilità e si inizia anche ad impiegare la macchina fotografica. Gli uomini approfittano di ogni spiraglio
offerto dall’inclemenza invernale e non appena le condizioni meteo lo permettono, staccano le ruote da terra. Il 5 gennaio il tenente Bonazzi compie un lungo giro nella bassa Val d’Adige per spingersi poi fino a
Peschiera. Due giorni dopo il diario della squadriglia registra un volo di esercitazione di atterramento su “rettangolo”. Si deve trattare evidentemente di atterrare su di una striscia delimitata di terreno, ma
analoghe registrazioni del marzo successivo richiamano esplicitamente che tali manovre avvengono sul campo di Piazza d’Armi, tanto che successivamente sono registrati i voli per riportare gli apparecchi al campo.
Queste note ci permettono di datare la nascita dello scalo di Porta Nuova al massimo nei primi mesi del 1915. Nel mese di gennaio e febbraio continuano le esercitazioni di lancio di messaggi e di osservazioni di
truppe in movimento, come quelle dislocate nei pressi di Montebello vicentino. In particolare in gennaio vengono compiuti circa 50 voli, 10 dei quali nella sola giornata del 14 gennaio. Il 4 marzo l’infaticabile
Bonazzi si spinge fino alla laguna venete per osservare la stazione di Mestre. Nel corso di uno di questi lunghi voli, l’8 aprile, il sergente Degan diretto a Padova, è costretto a compiere un atterraggio di fortuna
presso Adria, dove danneggia gravemente il velivolo. Il 3 maggio 1915 arriva la visita del maggiore comandante del battaglione, che evidentemente reca la notizia o conferma le voci dell’ormai imminente inizio delle
ostilità con l’impero austro-ungarico. Si intensificano i voli e inizia una spasmodica ricerca di campi di fortuna per permettere l’atterramento, in caso di necessità, nella Val d’Adige e verso il lago. Il compito
è affidato al tenente Bonazzi che inizia l’esplorazione il 5 maggio con un volo nella zona di Rivoli e verso il basso lago. In una decina di giorni si ricercano opportunità di atterramento anche su Villafranca e
l’ovest della provincia. Il 20 maggio Bonazzi vola per oltre 200 chilometri da Verona verso Desenzano, poi su Medole per proseguire verso Mantova e Legnago. Il fatidico lunedi 24 maggio trova la squadriglia sul
campo di Tombetta in uno stato di calma relativa, pochi voli e assistenza ad un paio di velivoli di passaggio. Sempre al comando del capitano De Masellis, con i piloti tenente Bonazzi, sottotenente Enrico Buzzi, e
il maresciallo Silvio Picolla, dispone di tre velivoli Farman da 70 cavalli (46, 262 e 265) e un Farman da 80 cavalli, il 914. Così composto il reparto riceve l’ordine di portarsi sul campo di Aviano a disposizione
della 1^ Armata per operare sull’altopiano. La squadriglia, cui si sono aggiunti nel frattempo il tenente Girotto, il maresciallo Ettore Bosco e il sergente Valentino, completa la mobilitazione il 7 giugno 1915 e
compie la prima ricognizione di guerra il 12 giugno.
Farman MF 1914 sul campo di Tombetta di Verona